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Ovidio


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Tacito
De oratoria,18
 
originale
 
[18] Haec ideo praedixi, ut si qua ex horum oratorum fama gloriaque laus temporibus adquiritur, eam docerem in medio sitam et propiorem nobis quam Servio Galbae aut C. Carboni quosque alios merito antiquos vocaverimus; sunt enim horridi et inpoliti et rudes et informes et quos utinam nulla parte imitatus esset Calvus vester aut Caelius aut ipse Cicero. Agere enim fortius iam et audentius volo, si illud ante praedixero, mutari cum temporibus formas quoque et genera dicendi. Sic Catoni seni comparatus C. Gracchus plenior et uberior, sic Graccho politior et ornatior Crassus, sic utroque distinctior et urbanior et altior Cicero, Cicerone mitior Corvinus et dulcior et in verbis magis elaboratus. Nec quaero quis disertissimus: hoc interim probasse contentus sum, non esse unum eloquentiae vultum, sed in illis quoque quos vocatis antiquos pluris species deprehendi, nec statim deterius esse quod diversum est, vitio autem malignitatis humanae vetera semper in laude, praesentia in fastidio esse. Num dubitamus inventos qui prae Catone Appium Caecum magis mirarentur? satis constat ne Ciceroni quidem obtrectatores defuisse, quibus inflatus et tumens nec satis pressus, sed supra modum exsultans et superfluens et parum Atticus videretur. legistis utique et Calvi et Bruti ad Ciceronem missas epistulas, ex quibus facile est deprehendere Calvum quidem Ciceroni visum exsanguem et aridum, Brutum autem otiosum atque diiunctum; rursusque Ciceronem a Calvo quidem male audisse tamquam solutum et enervem, a Bruto autem, ut ipsius verbis utar, tamquam "fractum atque elumbem." si me interroges, omnes mihi videntur verum dixisse: sed mox ad singulos veniam, nunc mihi cum universis negotium est.
 
traduzione
 
18. ?Ho fatto questa premessa per dimostrare che, se dalla rinomanza e dalla gloria di questi oratori deriva un qualche lustro alla loro et?, si tratta di una caratteristica comune ai nostri tempi e che riguarda pi? noi che non Servio Galba o Gaio Carbone e tutti gli altri che possiamo chiamare propriamente antichi: perch? sono davvero ispidi, grezzi, rozzi e informi e con caratteristiche tali che si vorrebbe che il vostro Calvo o Celio o Cicerone stesso non li avessero imitati sotto alcun aspetto. E voglio argomentare con maggior forza e con tono pi? risoluto, ma dopo aver premesso che le forme e i tipi dell'eloquenza cambiano coi tempi. Cos? Gaio Gracco, confrontato con Catone il Vecchio, ha maggiore pienezza e ricchezza espressiva; Crasso, paragonato a Gaio Gracco, ? pi? rifinito e ornato; mentre Cicerone spicca decisamente ed ? pi? ricco di gusto e pi? profondo di entrambi; e Corvino ? pi? pacato di Cicerone, pi? seducente e pi? sofisticato nella scelta delle parole. Io non cerco chi sia il maggior virtuoso della parola: per ora sono pago di aver dimostrato che il volto dell'eloquenza non ? unico, e che anzi anche in quelli che chiamate antichi si possono scoprire aspetti molteplici, e che quando c'? un cambiamento, non significa automaticamente che esso sia per il peggio, ma che ? piuttosto colpa della malignit? umana, se al passato va sempre la lode e al presente la nostra avversione. Possiamo forse dubitare che ci siano state persone disposte ad ammirare Appio Cieco pi? di Catone? Sappiamo benissimo che neppure a Cicerone sono mancati i detrattori, ai quali sembrava gonfio ed enfatico, privo di concisione, anzi eccessivamente esuberante e ridondante e troppo poco attico. Avete letto, in ogni caso, le lettere inviate da Calvo e Bruto a Cicerone, dalle quali ? facile capire come Calvo sia parso a Cicerone esangue e scarno, e Bruto invece prolisso e sconnesso, e come Cicerone per converso sia stato criticato da Calvo perch? diluito e senza nerbo, e da Bruto - per usare le sue parole - perch? "disarticolato e slombato". Se me lo domandi, penso che avessero tutti ragione: ma verr? a parlare di ciascuno di loro fra poco; per ora li considero tutti insieme.?
 

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